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La tensione narrativa si gioca tutta nella progressiva scoperta di un volto diverso di Furth, al posto di quello che tutti sono abituati a conoscere: animali domestici massacrati con accanimento inconcepibile, padri e mariti violenti, giovani xenofobi sbandati, famiglie anaffettive e disgregate in cui l'unico linguaggio condiviso è quello della violenza, sacerdoti che, persi nelle proprie paranoie, non possono essere guida e conforto per alcuno. Alternando i punti di vista dei vari personaggi, entrando nella loro psiche, Hochgatter, forte della sua esperienza di psichiatra, alimenta la paranoia e l'idea nel lettore che tutti in qualche modo oscuro possano essere colpevoli o complici dei crimini commessi. Lo stile riesce a modularsi in modo convincente a seconda che si seguano i pensieri deviati di un paranoico, le digressioni emotive e sentimentali di un poliziotto o le macabre fantasie di un bambino, insinuando il dubbio che nella mente di ognuno ci sia uno spazio in cui l'odio e il risentimento possono avere libero corso e trovare il lievito per trasformarsi poi in azioni. Senza bisogno di indulgere a particolari scabrosi, ricorrendo ad una lingua elegante e piacevole, specchio di un paesaggio cristallino e insieme, anche per questo, profondamente inquietante, Hochgatterer riesce ad orchestrare le voci da solisti dei suoi personaggi in armonico contrasto con l'ambiente che li ospita, che ne esce tratteggiato minuziosamente nelle sue dinamiche psicologiche e sociali. Sia che siano lette come variazioni sul tema della violenza che riesce a declinare se stessa in modi tanto diversi, pure in un cosmo così ristretto come quello della provincia, sia che assurgano, in senso più ampio, a simbolo della xenofobia, vecchia e nuova, della paura dell'Altro che nelle comunità più piccole si radica più in profondità, le vicende narrate hanno il pregio di svelare sempre, fino all'ultima pagina, un altro aspetto della realtà, distruggendo il volto noto dei personaggi per tratteggiarne uno nuovo e imprevedibile, dal ghigno malvagio. L'efferratezza del crimine e la modalità della sua realizzazione possono allora essere lette come metafora e contrapasso di esistenze profondamente turbate, di ferite che il tempo e la psichiatria non hanno potuto sanare e di questioni che la Storia non ha mai affrontato e risolto fino in fondo.
La dolcezza della vita, primo testo tradotto in italiano di un autore già pluripremiato, ha vinto il Deutescher Krimi Preis 2006 ed è stato tra i candidati al Deutscher Bucherpreis 2006, come migliore libro dell'anno.

(pubblicato su www.romanoir.it il 19.12.2007)

   



Roma Noir 2007
Luoghi e nonluoghi nel romanzo nero contemporaneo

a cura di Elisabetta Mondello
(Robin Edizioni 2007)
























Concorso Letterario
Roma Noir 2008
per tre racconti inediti


Vincitori

1° classificato
Il focolare
di
Davide Martirani

2° classificato
Vedo nero (Baby E.)
di
Andrea Floris

3° classificato ex aequo
La cosa nera
di
Roberto Santini

3° classificato ex aequo
La bellezza
di
Marco Bocci


Leggi i racconti

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Che cos'è Roma Noir?
Non è una nuova etichetta dell’ipermercato culturale contemporaneo. Né l’ennesimo slogan a effetto, in anni in cui tendenze e scritture vengono spesso definite a partire dai titoli delle antologie che lanciano i giovani esordienti.
Dal 2003 Roma Noir è un appuntamento annuale all’Università di Roma “La Sapienza”. Uno spazio che tenta di incrociare e di far dialogare due territori, quello di chi (scrittori, critici, case editrici, direttori di riviste) in questi anni ha “sdoganato” definitivamente il noir dal ghetto della letteratura di second’ordine con quello dell’Università, intesa nel senso delle sue componenti (studenti, docenti e, fisicamente, aule di un ateneo) ma soprattutto quale luogo di creazione/trasmissione di un’idea del mondo che, nel caso della letteratura, frequentemente si mantiene distante da alcuni ambiti della produzione e della lettura.
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