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Un valore aggiunto che Chiarella Fadda, moglie dell'inetto e serpentino Gesuino Corrias, figlio del ricco possidente Toneddu che al povero Narciso da lavoro affidandogli il gregge, non riesce ad ignorare. Chiarella trascorre molto tempo con Narciso, ci gioca nel fienile dove il giovane è solito coricarsi, gli fa il bagno, lo usa per i propri godimenti. Concede al giovane quello che altri vorrebbero, in primis proprio il vecchio Toneddu.
Saranno queste le ragioni per cui Narciso viene ucciso? È figlio della Sardegna patriarcale il rancore che si sprigiona contro di lui? O forse le malelingue per una volta hanno visto giusto e, come si racconta in giro, Narciso Aggius altri non è che il figlio bastardo di Antonia Muscau, moglie di Tonneddu e per questo motivo bersaglio dei suoi stessi parenti.
Nicola Verde descrive una terra magica, figlia delle tradizioni pagane che fondano la propria memoria nei riti propiziatori e nei sentimenti più profondi. I suoi personaggi ricordano quelli passionali e veri di Salvatore Niffoi ed il gusto per la Sardegna che in questo periodo sta prendendo sempre più campo nel panorama del noir italiano è merito loro, entrambi maestri nel raccontare una terra e soprattutto i suoi abitanti, lontani ed unici dal restante contesto italiano.
L'”altra verità” è questa: il volto e la forma di una Sardegna vera, un volto bello e solare che con il delitto viene colpito. E così Narciso, un nome che è tutto un dire, diviene il simbolo di un cambiamento, una speciale vittima del contrasto tra religioso e pagano, tra onorevole e moderno.
Lo stesso Nicola Verde definisce il suo romanzo un noir antropologico: onore e violenza, responsabilità e sopraffazione, religiosità profonda e indifferenza al male.
Carmine Dioguardi è disgustato dagli aspetti negativi di Bonela, inconcepibili per la società italiana dell'epoca, un mondo in cui “…mani finora abituate a dare pacche sulle groppe delle pecore dovranno imparare a avvitare bulloni”, e allo stesso tempo è affascinato dalla civiltà arcaica che ancora permea ogni momento della vita dell'isola. Questi sono gli ingredienti per un romanzo che fa dello stile il proprio punto di forza. A ragione la prefazione di Marcello Fois parla chiaro: "Determinare personaggi e territori illuminati da autocoscienza e sentimento di appartenenza fa la differenza tra scrivere di un posto per approdare a tutti i posti, e scrivere dei posti per approdare al lettore. Nicola Verde questa differenza la conosce bene".
Nicola Verde è un bancario romano 52enne di origini campane. Proprio alle sue origini si richiamava il racconto “'O fiéto e 'o curtiello”, ambientato in un tipico "basso" napoletano, vincitore del concorso "Lama e trama" 2003. Nicola Verde si era già aggiudicato il "Premio Lovecraft 2001". Ha scritto diversi racconti e un romanzo Sa morte secada (edito da Dario Flaccovio, finalista al Premio Scerbanenco).
“Un'altra verità” è l'ennesima prova di come la Dario Flaccovio Editore sia ormai una garanzia.

(pubblicato su www.romanoir.it il 28.11.2007)


   


Roma Noir 2007
Luoghi e nonluoghi nel romanzo nero contemporaneo

a cura di Elisabetta Mondello
(Robin Edizioni 2007)
























Concorso Letterario
Roma Noir 2008
per tre racconti inediti


Vincitori

1° classificato
Il focolare
di
Davide Martirani

2° classificato
Vedo nero (Baby E.)
di
Andrea Floris

3° classificato ex aequo
La cosa nera
di
Roberto Santini

3° classificato ex aequo
La bellezza
di
Marco Bocci


Leggi i racconti

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Che cos'è Roma Noir?
Non è una nuova etichetta dell’ipermercato culturale contemporaneo. Né l’ennesimo slogan a effetto, in anni in cui tendenze e scritture vengono spesso definite a partire dai titoli delle antologie che lanciano i giovani esordienti.
Dal 2003 Roma Noir è un appuntamento annuale all’Università di Roma “La Sapienza”. Uno spazio che tenta di incrociare e di far dialogare due territori, quello di chi (scrittori, critici, case editrici, direttori di riviste) in questi anni ha “sdoganato” definitivamente il noir dal ghetto della letteratura di second’ordine con quello dell’Università, intesa nel senso delle sue componenti (studenti, docenti e, fisicamente, aule di un ateneo) ma soprattutto quale luogo di creazione/trasmissione di un’idea del mondo che, nel caso della letteratura, frequentemente si mantiene distante da alcuni ambiti della produzione e della lettura.
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