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In un batter d'occhio piovono i commenti dei navigatori del web e la stessa Francesca, in uno sfogo di rabbia, augura a due passanti, quasi infastiditi da quell'avvenimento, una morte brutale e dolorosa, cioè di marcire accanto alla loro inutile auto con gli occhi strappati dai loro corpi.
Il giorno dopo i giornali riportano la notizia di un omicidio, nulla di nuovo per una città in cui gli assassinii sono all'ordine del giorno, ma la donna è stata uccisa secondo le modalità descritte dalla giornalista nel blog. Luca, il marito di Francesca, dopo essersi informato sull'omicidio per vie traverse, si precipita dai carabinieri e spiega al capitano Russo questa strana coincidenza. Per il momento Francesca ha un alibi di ferro, ma alcuni giorni dopo avviene un altro omicidio cruento preceduto sempre da un suo articolo. A questo punto la giornalista diventa la principale indiziata dell'omicidio e per la giovane coppia comincia un vero e proprio incubo che con il passare del tempo diverrà sempre più reale.
Luca, davanti a un'esperienza così scioccante, si fa spezzare dagli avvenimenti e si abbandona alla tristezza, ma Francesca, una persona che ha ancora il coraggio di reagire davanti alle difficoltà, troverà sostegno negli amici che si è costruita nel tempo. Fra questi spiccano Riccardo, un ex avvocato costretto a cambiare vita che, per sopravvivere, commercia articoli di cancelleria e Ibrahim, un emigrato giordano molto colto che, pur vivendo di espedienti, aiuta Francesca con ogni modo possibile. La giornalista, infatti, nonostante il capitano Russo le abbia consigliato di rimanere al di fuori delle indagini, proverà a sciogliere l'enigma seguendo una propria pista, ma la soluzione sfugge a tutti quelli che cercano di risolvere il caso. Che disegno sta percorrendo l'assassino? Che ruolo ha Francesca in tutto questo e perché alcuni indizi non combaciano? Forse ciò che appare così insolubile è più semplice di quanto si pensi e per risolvere l'enigma bisogna guardare gli indizi nel modo corretto.
Con una trama costruita nei minimi particolari, Massimo Smith descrive una Napoli plumbea, una Napoli grigia in cui non si percepisce la presenza del Sole e del mare, una Napoli bellissima, ma allo stesso tempo, terrificante e assassina. E' una metropoli dominata dal cemento e dal caos giornaliero, un meccanismo infernale che non lascia scampo a chi abbandona ogni speranza, una città in cui le persone, per sopravvivere, devono avere la capacità di reinventarsi in qualsiasi momento. Le vite, gli amori, le gioie, i dolori si intrecciano in un calderone infernale che fagocita chi non sa affrontare la vita con coraggio. Massimo Smith ci racconta la sua esperienza narrativa:
Cosa ha spinto Massimo Smith a scrivere un romanzo ambientato nella Napoli dei giorni nostri?
Il rasoio di Occam nasce quasi da una scommessa, nasce dall'esigenza di raccontare la mia città e cosa succede alle persone che ci vivono tra amore, odio, repulsione e attrazione, ma soprattutto nasce dall'esigenza di raccontare l'indifferenza. Napoli, in realtà, è una città bellissima e terrificante al tempo stesso, in cui vige uno stato di paura. Quella che racconto è una storia di diseredati, una storia di persone che sono state indurite dalla vita e che si prendono la rivincita.
Il rasoio di Occam richiama una tesi filosofica molto famosa. Perché questo titolo?
Il rasoio di Occam deriva dalla tesi filosofica di Guglielmo di Occam secondo cui, per risolvere un enigma, un problema o un quesito, la soluzione più semplice ha la maggior probabilità di essere quella vera. Molto spesso le soluzioni arzigogolate non sono quelle buone, ma è pur vero che il semplicismo non funziona.
Che Napoli racconta Massimo Smith?
La mia Napoli è una Napoli feroce, una Napoli scabra, una Napoli dura, però è una Napoli che forma anche il carattere delle persone e in cui spesso è necessario ripartire da zero. In realtà dal mio romanzo ne escono persone che affrontano le difficoltà della vita e che, riconoscendo i propri limiti e i propri difetti, riescono a passarci su e a ricominciare. Quindi il mio romanzo mostra una Napoli plumbea, una Napoli che io spesso definisco da Blade Runner dove piove sempre, dove le atmosfere sono cupe, dove il mare c'è ma non si vede. E' una specie di organismo malefico che sale fino a mangiare, ma è anche una donna molto accogliente e molto puttana.
Come si costruisce un romanzo di questo tipo?
Ho seguito uno dei tantissimi metodi possibili. Ho scritto un soggetto anche molto lungo in cui venivano descritte le caratteristiche dei personaggi e la trama. Tutta l'architettura è stata disegnata prima, seminando indizi e depistaggi a ritroso. In realtà il Rasoio di Occam è un romanzo enigma classico con indizi, depistaggi, un assassino e qualcuno che deve scovarlo. In questo è classico, nell'ambientazione no. Per gli indizi e per le consulenze ho utilizzato tanti articoli, tanti riferimenti e i personaggi, anche se adattati, sono molto spesso reali. Infine ho consultato amici avvocati, anatomopatologi, psicologi. Non c'è niente di casuale.
Lei si occupa di sceneggiatura per cinema e teatro? Quanto ha inciso questo aspetto nei suoi romanzi?
Ha inciso molto. Il teatro e il cinema servono per sviluppare la capacità di scrivere dialoghi e di conseguenza aiutano a vedere i personaggi nella realtà. Quando li vedi realizzati è un'emozione enorme e capisci cosa vedranno le persone che ti leggono o le persone che vengono a teatro. Vedere la propria creazione vista con gli occhi di un altro è una cosa davvero straordinaria. Inoltre il linguaggio dei sentimenti nella letteratura è diventato molto più scarno, molto più immediato. In questo incide la Televisione , incide Internet, incidono gli Sms. Il linguaggio di oggi è estremamente rapido come quello che si vede per strada.
Cosa hanno di reale i personaggi de Il rasoio di Occam?
I personaggi del romanzo sono tutti quanti reali, sono un misto di persone che io conosco o che ho incontrato. Francesca, per esempio esiste dall'unione di tante donne, Riccardo è l'unione di tanti uomini, Ibrahim è l'unione di tante persone che conosco. Niente di quello che c'è nel mio libro è completamente inventato, tutte quelle situazioni io le ho viste e le ho adattate a una necessità narrativa.
Luca e Francesca sono due personaggi molto diversi. Perché?
Francesca è una persona ancora in grado di indignarsi, ancora in grado di avvertire la difficoltà di vivere e la necessità di ribellarsi, è una persona che non accetta di piegarsi ed è capace di innamorarsi, di sperare, di cadere e di risollevarsi. Luca è un rassegnato, uno spezzato dalla vita, una persona che vorrebbe cambiare sua moglie e la realtà adattandole a sé e Francesca è una specie di riccio con delle spine lunghissime, ma con un grande cuore. In realtà nella vita reale esiste il coraggio che riesci a mettere nelle tue azioni, la vita è tutto quello che tu semini. Francesca semina e raccoglierà in termini di amicizie e di affetti, Luca non semina.
Il personaggio di Ibrahim cosa rappresenta nel romanzo?
Ibrahim rappresenta la saggezza, rappresenta un patrimonio che arriva da posti che non sono stanchi e decadenti come l'Occidente. Rappresenta tutte le persone che non ci rendiamo conto di maltrattare, persone che hanno molta cultura, molta umanità e che hanno la capacità di sedersi a un tavolo e parlare. Noi abbiamo perso questa capacità, ma per gli arabi è ancora importante parlare con le persone perché in questo modo ci si arricchisce. Io ho conosciuto vari Ibrahim e sono persone splendide nonché i latori di una cultura che noi non immaginiamo neanche.
Cosa si aspetta Massimo Smith da questo libro?
Quando finisco qualcosa che scrivo mi commuovo sempre perché è come mettere al mondo un figlio. Non mi aspetto di vendere tante copie o poche copie, l'importante è che le persone leggano e ricordino una bella storia. In realtà, quando finisci un libro, non sei più uguale alla persona che ha cominciato a leggerlo e questa è la cosa importante.
(pubblicato su www.romanoir.it il 17.07.2009)
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