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Sono questi gli elementi ricorrenti che Philip Dick utilizza nella narrazione per trasmettere la sua tetra visione del reale e per manifestare il suo scetticismo verso la “troppo ottimistica” società americana del secondo dopoguerra. Non importa se sia Cris, il mutante dorato che riesce a prevedere il futuro, o Jennings, il tecnico inseguito dalla Rethrick Corporation e dalla polizia, o il commissario Anderton, incastrato da una strana previsione dei mutanti della Precrimine, o Douglas, l'impiegato statale che nasconde dentro di sé un terribile segreto, non importa quale sia il personaggio in sé e non importa quale sia il segreto che non si vuole far trapelare. Ciò che fuoriesce è l'istinto di sopravvivenza dell'individuo che, schiacciato da forze troppo opprimenti, fugge per preservare la propria dignità umana in uno spazio che non ammette la diversità, ma soltanto l'omologazione.
La manipolazione della memoria, la visione del futuro, il passato che ritorna in maniera prepotente: tutti elementi che ricorrono continuamente nella narrazione. Spesso i ricordi possono risultare molesti alle autorità governative ed è meglio cancellarne una fetta, spesso l'individuo ha perso qualcosa di sé perché qualcun altro ha manipolato la sua psiche, spesso si vuole evitare che qualcosa riemerga dal passato. I personaggi fuggono per non essere incastrati, fuggono per non cedere parte della propria individualità, fuggono perché sono a conoscenza di un “segreto” che potrebbe mettere in discussione la società stessa, ma, allo stesso tempo, possiedono quell'inquietudine di fondo e quel grado di individualismo che impediscono di accettare le cose così come sono. Ognuno di essi, nel suo errare, riacquista qualcosa che gli era stato sottratto, ognuno di essi ha una carta da giocare di cui gli inseguitori non sono a conoscenza, ognuno di essi ha in serbo un colpo di scena.
Questi racconti sono scritti con uno stile secco e incalzante che rende l'azione agile e ben definita. La fuga e il continuo movimento da cui la narrazione trae linfa vitale rendono i personaggi di Dick dinamici, impulsivi, provocatori, irriverenti. Uno stile molto vicino alla sceneggiatura che ben si adatta al riadattamento cinematografico.
(pubblicato su www.romanoir.it il 21.04.2008)
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Roma Noir 2007
Luoghi e nonluoghi nel romanzo nero contemporaneo
a cura di Elisabetta Mondello
(Robin Edizioni 2007)
Concorso Letterario
Roma Noir 2008
per tre racconti inediti
Vincitori
1° classificato
Il focolare
di
Davide Martirani
2° classificato
Vedo nero (Baby E.)
di
Andrea Floris
3° classificato ex aequo
La cosa nera
di
Roberto Santini
3° classificato ex aequo
La bellezza
di
Marco Bocci
Leggi i racconti
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Che cos'è Roma Noir?
Non è una nuova etichetta dell’ipermercato culturale contemporaneo. Né l’ennesimo slogan a effetto, in anni in cui tendenze e scritture vengono spesso definite a partire dai titoli delle antologie che lanciano i giovani esordienti.
Dal 2003 Roma Noir è un appuntamento annuale all’Università di Roma “La Sapienza”. Uno spazio che tenta di incrociare e di far dialogare due territori, quello di chi (scrittori, critici, case editrici, direttori di riviste) in questi anni ha “sdoganato” definitivamente il noir dal ghetto della letteratura di second’ordine con quello dell’Università, intesa nel senso delle sue componenti (studenti, docenti e, fisicamente, aule di un ateneo) ma soprattutto quale luogo di creazione/trasmissione di un’idea del mondo che, nel caso della letteratura, frequentemente si mantiene distante da alcuni ambiti della produzione e della lettura.
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