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Quando il giovane Boris indossa la camicia a strisce, gli zoccoli e il freddo pungente dei Vosgi, allora, è già un prigioniero che si nega categoricamente per tutta la prigionia qualsiasi pensiero rivolto al mondo dei vivi. Chi pensa alla vita, chi sfida la morte, muore, si ripete Pahor. Bisogna abituarsi al “mondo crematorio” del lager, vivere solo nel qui e ora. Sembra un film dell'orrore: chi sfida il mostro, il mostro l'uccide. Invece, no.
È un memoir.
Pubblicato per la prima volta nel 1967, Necropoli ha dovuto attendere 41 anni per sbarcare in Italia, la terra in cui è nato Pahor, ora novantenne, grande scrittore classe 1913, che per il suo lavoro è stato più volte candidato al Premio Nobel, insignito del massimo riconoscimento sloveno, il premio Prešeren, nominato in Francia Officier de l'Ordre des Arts e des Lettres, e fregiato della Legion d'Onore dal presidente della Repubblica francese nel 2007. Appena pubblicato nel nostro Paese, Necropoli è divenuto un caso letterario, di struggente attualità persino rispetto alle vicende degli ultimi giorni, a testimonianza, come diceva Calvino, che un classico non invecchia mai, e sa regalare sempre nuovi significati.
Si svolge su due piani temporali paralleli, il memoir di Pahor. Nel primo, sono gli anni Sessanta, e Pahor ritorna in incognito nel lager dove ha vissuto sino alla Liberazione, mescolandosi ad altri turisti della memoria, ma rimanendo sempre un po' distaccato dal gruppo. Indossa dei comodi sandali. Nel secondo sono gli anni Quaranta. Pahor riesce a scampare la morte grazie a uno sloveno che lo assolda come infermiere nel lager e, impersonando le vesti di cerbero della morte degli altri, anche se un cerbero compassionevole, si salva. Indossa zoccoli che feriscono la carne gonfia nell'inverno terribile dei Vosgi, ma che soprattutto ossessionano con il loro rumore caratteristico e ossessivo gli incubi del sopravvissuto Boris. La penna di Pahor si sposta di continuo tra i due piani temporali, in una serie infinita di illuminazioni proustiane, però orrorifiche, che creano incessanti rimandi tra passato e presente. Eppure, non prevale l'orrore, il senso di colpa per essere vivo, l'umiliazione, l'odio panico. Pur presenti, questi sentimenti sono scalzati da una profonda speranza. Una coppia di amanti che si bacia poco lontano dal forno crematorio. Bambini che giocano. Una vecchia guida con la barba. La notte, gli adolescenti che scoprono l'amore in un campeggio ridente.
La vita vince.
Imbracciato il coraggio alla ricerca di una catarsi dolorosissima che ha bisogno di partire dall'inferno più profondo, di ricordare nel dettaglio i mucchietti di ossa imbracate in casacche a strisce – i reclusi del lager –, la vita cosparsa di dissenteria e di flemmoni, la notte dei minatori in cui la paura ruggisce come una piovra enorme, i tedeschi che abbaiano una lingua capace solo di uccidere e urlare, il forno crematorio ghignante e onnipresente, Pahor sboccia in un presente nuovo, in cui ha voglia di credere. Con una fiducia e un sorriso che oggi, adesso, qui, possono insegnare il cammino anche a noi.
(pubblicato su www.romanoir.it il 04.06.2008)
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Roma Noir 2007
Luoghi e nonluoghi nel romanzo nero contemporaneo
a cura di Elisabetta Mondello
(Robin Edizioni 2007)
Concorso Letterario
Roma Noir 2008
per tre racconti inediti
Vincitori
1° classificato
Il focolare
di
Davide Martirani
2° classificato
Vedo nero (Baby E.)
di
Andrea Floris
3° classificato ex aequo
La cosa nera
di
Roberto Santini
3° classificato ex aequo
La bellezza
di
Marco Bocci
Leggi i racconti
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Che cos'è Roma Noir?
Non è una nuova etichetta dell’ipermercato culturale contemporaneo. Né l’ennesimo slogan a effetto, in anni in cui tendenze e scritture vengono spesso definite a partire dai titoli delle antologie che lanciano i giovani esordienti.
Dal 2003 Roma Noir è un appuntamento annuale all’Università di Roma “La Sapienza”. Uno spazio che tenta di incrociare e di far dialogare due territori, quello di chi (scrittori, critici, case editrici, direttori di riviste) in questi anni ha “sdoganato” definitivamente il noir dal ghetto della letteratura di second’ordine con quello dell’Università, intesa nel senso delle sue componenti (studenti, docenti e, fisicamente, aule di un ateneo) ma soprattutto quale luogo di creazione/trasmissione di un’idea del mondo che, nel caso della letteratura, frequentemente si mantiene distante da alcuni ambiti della produzione e della lettura.
Segue>
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