Primo Classificato:
Alessandro Nicolò
L’isola di Wight
Nel quartiere, al Prenestino, mi chiamano "Avanzo".
So bene che non è un gran che, e che altri, al mio posto, la
prenderebbero male.
Eppure lascio perdere.
Ho l’aspetto di una
bistecca troppo cotta lasciata nel piatto. Come soprannome ha
decisamente senso.
Acido solforico.
Si trova facilmente in giro, e
se hai abbastanza coraggio da farne uso è un’arma incredibilmente
efficace per procurare sofferenze.
Incolore, inodore. Quando Hakim me
l’ha gettato in faccia, un anno fa, ho sentito solo la puzza dei
tessuti che bruciavano, e visto il sangue fumare come uscisse dalle
vene di satana.
Poi il dolore. Indicibile, inimmaginabile. Non perderò
tempo a spiegarvelo. È invece del mio naso che voglio parlarvi. Di come
sia scomparso lasciando due buchi neri simili a fori di proiettile;
delle mie labbra, ridotte e ricci di pelle che tengono esposti i denti
quasi sorridessi dalla mattina alla sera, invece di stare di merda.
E
infine degli occhi. Di quello che ho perso, il destro, e del sinistro,
soprattutto.
Lui che è ancora intero e che stasera mi aiuterà a far
giustizia.
Il sig. Luca Rei è un vecchio e ricco grassone che vive
a
via Cortina.
Il suo appartamento ha più stanze di quante possiate
contarne in dieci abitazioni di periferia, e nella sua camera da letto
si potrebbe vivere stando schifosamente larghi se ci fossero angolo
cucina e cesso.
La camera da letto. Era là che trascorrevamo la
maggior parte del tempo.
Non ho mai amato lavorare, e il vecchio mi
manteneva con premura fornendomi alloggio, se mi lasciavo inculare
quando ne aveva voglia.
Non sono gay, badate. E se anche lo fossi
stato mi sarei tenuto alla larga da un uomo tanto brutto.
Ma era un
affare. Valeva la pena sacrificarsi per tutti gli agi di cui disponevo,
e il sig. Luca non si risentiva se correvo ogni tanto a dare di stomaco
in bagno.
L’importante, era aprire la doccia. Per coprire i rumori.
Quelli lui non li sopportava.
Avrei continuato a far marchette se
non fosse arrivato Hakim.
Immigrato da non so quale paese in guerra,
è un ragazzone di due metri che sopravviveva facendo il lavavetri ai
semafori di S.Giovanni.
É così che ha conosciuto il sig. Luca.
Pulendogli il parabrezza.
Poco tempo più tardi mi sono ritrovato senza
un tetto sulla testa; un mese dopo Hakim mi ha dimostrato quanto non
gradisse le mie continue intromissioni sciogliendomi i connotati.
La
bella vita fa gola a parecchi. E alcuni di essi ci mettono un niente a
diventare mostri.
Li ho visti uscire per andare al cinema, come
sempre di mercoledì.
Tra poco torneranno.
Li aspetto appoggiato a un
muro, con la strada ingiallita dai lampioni che mi scorre davanti come
una lunga pisciata di cane.
Non c’è un’anima. Di giorno, le auto
percorrono via Cortina stando appiccicate per i paraurti tanto è il
traffico, ma superata la mezzanotte le uniche macchine che vedi sono
quelle parcheggiate a spina.
Il sig. Luca ha una BMW grigia. La
riconosco subito, appena la vedo col mio solo occhio.
Sta avvicinandosi
lentamente, spargendo dai finestrini evidentemente abbassati le note
del solito pezzo dei Dik Dik che a me ricorda pasti caldi, regali
costosi, sudore, sperma e vomito.
Mi stacco dal muro, inizio a
camminare verso il cancello per il garage privato davanti a cui la BMW
si andrà a fermare. Nella tasca, stringo le dita attorno al calcio della
pistola che ho rimediato alla stazione Termini per due centoni.
Sì,
esatto. Una pistola.
Sarebbe stata una vendetta gloriosa con l’acido,
ma il rancore che mi porto appresso parla da solo: non voglio guardarmi
alle spalle per il resto della vita.
La BMW rallenta, si arresta poi
di fronte al cancello.
Tra poco sarà finita.
Saranno storie vecchie le
nottate in bianco in ospedale e gli interminabili interrogatori della
polizia, poco convinta che ad aggredirmi fosse stato uno sconosciuto.
Ucciderò il sig. Luca e Hakim, e tornerò a casa a riposare prima del
lavoro.
Sono un operatore telefonico, sapete?
Attraverso il cavo sono
ancora il bel ragazzo di prima.
Secondo Classificato:
Barbara Iuliano
Il ferragosto di Isabel Mabouka (etica della ricerca)
Cinque fotografie in una busta: un primo piano, paesaggi amatoriali, una bambina alla guida di una macchina a pedali. Nella tasca posteriore del pantalone di I. M., corpo a mollo nel canale di scolo del Villaggio Coppola.
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Terzo Classificato:
Giancarlo Ferraris
Lui, il mostro
La città ha paura. Paura del mostro. Sì, perché chi uccide in quel modo, con tanta ferocia, senza alcun motivo, per tre volte di fila, in giorni diversi della settimana, non può che essere un mostro. Qual è la novità di tutto ciò?
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